Tessili: le tecniche di lavorazione

Posted on 20 maggio 2012 By

BLOCKPRINT
Il blockprinting, o tecnicamente xilografia, consiste nell’imprimere l’inchiostro con l’utilizzo di matrici in legno.
Antica tecnica originaria dell’India occidentale.
Fasi:
1. un disegno in rilievo profondo viene trasferito sul blocco di legno utilizzando scalpelli e punteruoli
2. il blocco di legno viene delicatamente premuto su un tampone colorato per trasferire il colore dal tampone alle zone in rilievo del blocco
3. il blocco viene stampato sul tessuto per trasferire il colore dal blocco alla stoffa

TIE & DYE (annodare e tingere)
Tecnica manuale molto diffusa in Asia (Nepal, India, Giappone e Cina) e in alcune zone dell’Africa (Nigeria). Il tessuto, bianco o neutro, viene annodato secondo un disegno (usando un filo e formando minuscoli nodi). Il tessuto viene poi tinto e fatto asciugare. Una volta aperta la parte precedentemente annodata si formano dei motivi a contrasto che con i loro disegni sfumati costituiscono l’elemento tipico del tie & dye.

 

SAREE e KANTHA
I tessuti dei saree, lunghi fino a 6 metri, sono sempre stati riciclati nella tradizione indiana. Le donne non buttavano mai nulla e utilizzavano i vecchi indumenti per creare nuovi oggetti (trapunte, stole, scialli, fasce per i neonati) con la tecnica del patchworking.
I tessuti fatti con i vecchi saree prendono nomi diversi in ogni zona dell’India: nel Bengala sono chiamati kantha e si crede che siano impregnati di poteri magici perché portano con sé il calore e le virtù della persona che indossava il saree. Per questo i bambini vi vengono avvolti. Il tipico kantha è fatto sovrapponendo e cucendo vari pezzi di saree (normalmente un kantha ha 3, 5 o 7 strati). Ogni saree ha una parte più riccamente decorata che si chiama “anchol” o “pallu” e che pende come una sciarpa quando il saree è indossato: questa parte non viene mai buttata via, se è rovinata viene rammendata con cura e poi utilizzata nel kantha.
Poiché i vecchi saree sono raccolti da diversi paesi, le stampe e i colori sono tutti differenti: non ci sono due capi uguali. I colori sono solitamente brillanti, dato che le donne preferiscono indossare tinte caldi e vivaci: rosso, arancione, giallo, rosa sgargiante, blu profondo, verde e nero.
La scelta dei tessuti da accoppiare, la realizzazione del bordo che li avrebbe tenuti insieme e le impunture che costituiscono la parte più caratterizzante del kantha erano tutte tappe fondamentali del lavoro di preparazione, prima del ricamo vero e proprio. Le impunture dividevano il tessuto in sezioni e creavano uno sfondo «mosso», sul quale il ricamo avrebbe preso ancora più risalto
I ricami, tutti fatti senza disegno preparatorio, rappresentavano l’universo delle donne ed ognuna esprimeva, attraverso di essi, la propria creatività, i propri sogni. In questo senso, ogni kantha era un pezzo unico.
In un testo d’arte indiana di Chattopadhaya Kamaladevi si legge: “I kantha sono l’esempio di una strana combinazione di abiti dismessi, vecchi stracci che sarebbero abitualmente buttati via, invece sono trasformati in oggetti di rara bellezza che col passare del tempo è diventata leggenda.”




MIRROR WORK
Il Mirror Work, o Sheeshedar, è una delle tecniche di lavorazione indiane più conosciute e consiste nel combinare i ricami con dei piccoli frammenti di specchi.
Il miglior tipo di ricamo viene dal Kutch, dove la comunità Jat di Banni (immigrata dal Baluchistan generazioni addietro), sa sapientemente combinare complicati modelli di ricamo con forme geometriche e concentriche. I disegni sono principalmente
geometrici e raffigurano animali, uccelli, pavoni, fiori stilizzati; il piccolo specchio viene inserito per enfatizzare il ricamo e la figura rappresentata.

Le donne del Kutch hanno trasformato nel tempo i loro ricami in un linguaggio che codifica la comunità di appartenenza e il proprio stato sociale. Disegni, punti e colori vengono tramandati di madre in figlia, insieme all’identità individuale e collettiva e alle storie che essi rappresentano. Fino a circa vent’anni fa, questi ricami non erano in vendita: venivano fatti per amore verso la persona cui erano destinati e, perché no, per dimostrare la propria bravura. Col declino dell’agricoltura e della pastorizia dovuto alla perdurante siccità, il ricamo è diventato la prima e spesso l’unica fonte di reddito per molte delle famiglie del Kutch. Gli intermediari hanno cominciato a girare di villaggio in villaggio comprando e ordinando ricami senza nessun rispetto per la cultura che esprimevano. L’abilità delle donne venne così trasformata in mano d’opera a basso costo, per alimentare i negozi di souvenir turistici e la domanda del mercato locale. In questo modo, i ricami tradizionali del Kutch rischiarono di trasformarsi in copie grossolane e senz’anima degli originali disegni tribali, perdendo la stretta connessione che da sempre li univa alla storia delle donne che li ricamavano. Kutch Mahila Vikas Sangathan (KMVS) ha riportato alla purezza originale i ricami del Kutch, restituendo identità e orgoglio alle donne delle diverse tribù.

 

BATIK
Tecnica usata per colorare i tessuti a riserva, mediante la copertura delle zone che non si vogliono tingere con cera o altri materiali impermeabilizzanti: argilla, resina, paste vegetali, amido. Non si conosce il momento della scoperta delle tecniche di tintura a riserva, che probabilmente nascono da errori casuali nella tintura dei tessuti, dove macchie di grasso o di cera impediscono al colore del bagno di tintura di penetrare. Particolarmente noto il batik dell’Indonesia, dove ha raggiunto grande raffinatezza tecnica ed elaborato una complessa iconografia. In Europa giunge notizia di questa tecnica di tintura nel corso del XIX secolo, ma è con la presentazione all’Esposizione universale di Parigi del 1900 che il batik indonesiano riscuote grande successo presso il pubblico. Sottobicchieri, portatovaglioli e segnaposti sono ottenuti accoppiando tessuti originali batik con fogli di resina lavorati per ottenere le forme desiderate.




IKAT
Con la tecnica dell’ ikat si colorano i fili, a sezioni, prima di sistemarli sul telaio a mano; per questo i decori (vedere i quadrati delle tovaglie) possono risultare non perfettamente nitidi ma questo è proprio la caratteristica del fatto a mano!.
E’ l’abilità manuale degli artigiani che valorizza questi tessuti.

 

ZARI
antica tecnica indiana di tessitura che utilizza un ordito in fili metallici sia d’oro che d’argento. Sono famosi in tutto il mondo i broccati in seta ottenuti con questo tipo di tecnica, i cui tessitori vengono chiamati karigar, che significa “artista”.
Gli artigiani di SASHA rivedono questa tecnica utilizzando fili brillanti tessuti con spessori e ripetizioni differenti.




Schede tecniche    


  1. Ben scritto, peccato che è così breve, perché
    si potrebbe espandere un po ‘

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