A un anno dai fatti del Rana Plaza
E’ passato un anno dal più tragico incidente nel campo dell’industria tessile: il 24 aprile 2013 crollava a Dhaka (Bangladesh) il Rana Plaza, un edificio che ospitava cinque aziende di abbigliamento che rifornivano numerosi marchi internazionali, e in cui lavoravano circa tremila persone, in maggioranza donne; le vittime sono 1138 e i feriti 1650. Gli incidenti di questo genere non sono purtroppo una novità in Bangladesh: dal 1999 al 2012 sono morte oltre 2200 persone e oltre 4500 sono rimaste ferite in incidenti occorsi nella sola industria dell’abbigliamento da esportazione. I lavoratori ricevono una paga bassissima (meno di 30 euro al mese), il sindacato non è ammesso e le condizioni di lavoro sono estremamente pericolose; segnalare un rischio per la propria sicurezza può comportare il licenziamento.
In seguito al disastro del Rana Plaza è stato istituito un fondo per il risarcimento dei feriti e dei familiari delle vittime (Rana Plaza Trust Fund). Soltanto un terzo della somma ritenuta sufficiente è stato raccolto; delle 29 aziende che si rifornivano al Rana Plaza, alcune hanno aderito a questa iniziativa, altre invece si rifiutano di versare i fondi e negano la propria responsabilità: tra queste ultime ci sono Benetton, Carrefour, Auchan.
Il commercio equo e solidale costituisce un’alternativa a una concezione della produzione e del consumo che si disinteressa delle condizioni dei lavoratori, causando tragedie come quella del Rana Plaza.
Clean Clothes Campaign ha lanciato un giorno di mobilitazione il 24 aprile, in occasione dell’anniversario del crollo, per far pressione sulle aziende coinvolte e sensibilizzare sulle condizioni di lavoro nell’industria tessile globale.